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Coronavirus, rivolta nelle carceri: i detenuti morti per overdose?

Aumenta il numero delle vittime nelle carceri italiane. Altri quattro detenuti morti a Rieti e uno a Bologna. Il sospetto è l’overdose da metadone come sembra sia accaduto anche ai nove morti di Modena.

Le rivolte nelle carceri non si fermano e il bilancio delle vittime cresce. Dopo i nove detenuti morti lunedì nel carcere di Modena si aggiungono i quattro di Rieti e quello di Bologna, per un totale di quattordici vittime. In tutti i casi sembra che la causa sia overdose da metadone.  

L’ipotesi che circola in queste ore e riportata anche dal Corriere della sera è che alcuni detenuti con problemi di tossicodipendenza durante le rivolte abbiano fatto irruzione nella farmacia del carcere e abbiano assunto una dose letale di metadone. Questo perché a causa del coronavirus sono state sospese le visite dei familiari in carcere, e quindi l'eventuale passaggio delle dosi. L’attivista radicale Rita Bernardini al telefono però spiega: “Non è una notizia sicura. Attualmente ci sono delle indagini in corso che stabiliranno l’accaduto”.

Il dato di fatto però è la situazione delle carceri italiane. I detenuti sono più di quelli che il sistema penitenziario è predisposto a ospitare e le misure di contenimento del coronavirus sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso. A Foggia durante la rivolta un gruppo di detenuti è riuscito persino a evadere. Le ricerche dei 72 evasi continuano senza sosta, 61 sono già stati presi mentre 10 sarebbero ancora a piede libero. Tra questi spicca il nome di Cristoforo Aghilar, 36 anni, in carcere da quasi 5 mesi per aver ucciso a coltellate la madre della sua ex.

Le carceri sono sovraffollate, non immaginiamo neanche cosa potrebbe accadere se il coronavirus arrivasse lì”, continua Bernardini. “Gli spazi sono ristretti, mancano strutture adeguate a curare questa epidemia. Mi auguro che il ministro Bonafede riprenda in mano la situazione e dialoghi con i detenuti”. Anche perché, per adesso, sembra che dialogo con le istituzioni non ci sia stato. “Le misure non si impongono con il pugno di ferro senza dare nessuna spiegazione”.

Il problema del sovraffollamento delle carceri non è nuovo, tanto che la soluzione esiste già. Sempre secondo Bernardini “16mila detenuti italiani devono scontare meno di due anni di pena e potrebbero farlo ai domiciliari. Servono i braccialetti elettronici che però mancano. La gara per stabilire quale azienda deve produrli è stata fatta, da un anno l’azienda vincitrice è pronta alla produzione ma ce ne sono ancora pochissimi perché il ministero dell’Interno non ha ancora fatto il collaudo. Non l’ha fatto Salvini, non lo sta facendo la Lamorgese. Questo dispositivo però è importantissimo per concedere la misura dei domiciliari”.

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