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Coronavirus e rivolte nelle carceri: “La situazione sta sfuggendo di mano” | VIDEO

Continuano le proteste nei penitenziari per la paura del nuovo coronavirus: “Le carceri sono sovraffollate, non pensiamo a cosa possa accadere se il coronavirus arrivasse lì. Ci vuole responsabilità da parte di tutti”, ha detto a Iene.it l’attivista radicale Rita Bernardini

La situazione nelle carceri sta sfuggendo di mano, e questo perché non si è dialogato con i detenuti”. A parlare a Iene.it di quanto sta accadendo nei penitenziari in Italia è Rita Bernardini, già deputata e attivista radicale da anni in prima linea nelle battaglie per i detenuti: “Ho mandato un messaggio al ministro della Giustizia, il problema è che le misure di contenimento per il coronavirus sono state imposte senza parlare con i detenuti. Questi provvedimenti sono fatti per la salute dei carcerati, però bisogna spiegarlo a loro”. 

È proprio per questa paura che in queste ore le carceri italiane sono letteralmente in fiamme. Da nord a sud si moltiplicano le proteste dei detenuti in moltissimi penitenziari: Modena, Pavia, Salerno, Napoli, Frosinone, Vercelli, Alessandria, Foggia, Palermo. Ora anche San Vittore. A Modena 6 detenuti sono morti, per le autorità a causa di overdose dopo aver saccheggiato la farmacia del carcere. A Palermo, come potete vedere qui, i carcerati hanno lanciato oggetti in fiamme dalle finestre. A Pavia due agenti di polizia sono stati trattenuti dai detenuti prima che la situazione si placasse.

Dietro tutto questo, il terrore per l’epidemia: “Le carceri sono sovraffollate, non immaginiamo neanche cosa potrebbe accadere se il coronavirus arrivasse lì”, continua Bernardini. “Gli spazi sono ristretti, mancano strutture adeguate a curare questa epidemia. Mi auguro che il ministro Bonafede riprenda in mano la situazione e dialoghi con i detenuti”. Anche perché, per adesso, sembra che dialogo con le istituzioni non ci sia stato. “Le misure non si impongono con il pugno di ferro senza dare nessuna spiegazione”. 

I radicali, che come noto sono molto ascoltati nelle carceri grazie alle loro battaglie per i diritti dei detenuti, invitano tutti alla calma: “Sto cercando di dire a tutti di evitare sommosse e proteste violente, queste cose poi si ripercuotono su tutti i detenuti”, ci spiega Bernardini. “Ho sconsigliato anche ai famigliari di fare manifestazioni davanti alle carceri: questo è un momento difficile in cui tutti devono essere responsabili. Mi auguro che anche il governo sia però responsabile”.

A esacerbare la situazione di tensione sono anche le condizioni di detenzione: “È ancora più importante adesso affrontare il discorso del sovraffollamento delle carceri: ci sono 16mila detenuti che devono scontare meno di due anni di pena”, ci dice. “Questi potrebbero andare ai domiciliari, per esempio, magari con il braccialetto elettronico”. Ma perché non viene fatto? “C’è uno scandalo dietro a questo: la gara per i braccialetti elettronici è stata fatta, da un anno l’azienda vincitrice è pronta alla produzione ma ce ne sono ancora pochissimi perché il ministero dell’Interno non ha ancora fatto il collaudo. Non l’ha fatto Salvini, non lo sta facendo la Lamorgese. Questo dispositivo però è importantissimo per concedere la misura dei domiciliari”.

Cosa si potrebbe fare dunque per alleviare le sofferenze dei detenuti? “Noi siamo convinti che un provvedimento di amnistia o di indulto sia fondamentale”, dice Bernardini. “Se però non vogliono arrivare a questo, almeno siano varati provvedimenti per ridurre la popolazione carceraria. Ci sono penitenziari che ospitano il doppio dei detenuti di quelli che potrebbero contenere. È una situazione fuori da ogni parametro di legalità”.

Anche perché in strutture in queste condizioni la vita dei detenuti diventa un vero inferno: “Le carceri, non essendo ispirate a criteri di rieducazione o formazione, sono dei posti criminogeni. Il detenuto esce di lì peggiorato, i tassi di recidiva sono altissimi. Chi invece accede alle misure alternative ha percentuali molto più basse di recidive. È difficile farlo capire a chi soffia sul fuoco del populismo carcerario al grido di ‘tutti in prigione’”.

In conclusione, un appello per una battaglia che Rita Bernardini e noi de Le Iene stiamo conducendo da molto tempo: “Ci sono tantissimi detenuti per reati legati alla cannabis. Se fosse legalizzata, la popolazione carceraria diminuirebbe sensibilmente”. 

Qui potete leggere le notizie che abbiamo dedicato all’epidemia di coronavirus

 

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