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News | di Alessandro Barcella |

Coronavirus, Andrea: “Mi nascondo, ma non ho la peste” | VIDEO

Andrea Rinaldi, il personal trainer siciliano che per Iene.it ha documentato il suo viaggio di ritorno da Shanghai in piena emergenza coronavirus, lancia un disperato video appello: "Non sono malato ma amici e famiglia mi hanno isolato, mi sono dovuto nascondere"

“Mi sono dovuto nascondere, andare in isolamento volontario, ma mi vergogno di essere italiano in questo momento”. È durissimo l’attacco di Andrea Rinaldi, il giovane siciliano appena tornato da Shanghai, e di cui abbiamo pubblicato il video racconto del viaggio di ritorno dall’incubo coronavirus. Un incubo che però, dobbiamo ribadirlo chiaramente, non lo riguarda: Andrea non ha contratto il virus.Certamente, va sottolineato, Andrea anche se in assenza di sintomi avrebbe potuto, per cautela nei confronti di tutti, sottoporsi ai controlli di rito o scegliere una sorta di quarantena volontaria, come fanno in questi giorni moltissimi cittadini cinesi di ritorno dalla madre patria.  

Il giovane catanese, che da nove anni in Cina faceva il personal trainer, è tornato in Italia ma come ci racconta nel suo nuovo video appello, che potete vedere qui sopra, ha dovuto nascondersi. Attorno a lui terra bruciata. "I miei nipoti sono stati attaccati, mia sorella che fa l’insegnante ha paura di dire che entra in contatto con me, perché i genitori potrebbero decidere di non mandare i loro figli nelle sue classi. Gli amici mi hanno chiesto se fossi entrato in quarantena: la sto facendo di mia iniziativa, perché la gente ha paura di incontrarmi. Sono diventato l’untore".

E a proposito del coronavirus aggiunge: "Non è la peste, è un virus influenzale, informatevi!". Andrea ci manda il suo video appello da un bosco, in una località segreta, per evitare di essere additato come “l’appestato”. Una località che comunque in queste ore sta per lasciare, per cercare ospitalità presso alcuni amici fidati.

Nel corso della prima puntata del video diario di Andrea, che potete rivedere qui, il giovane siciliano ci ha documentato il suo ritorno a casa, dopo che in Cina e in tutto il mondo è scoppiata l’emergenza coronavirus. Un ritorno che a dispetto del clima di allarme a livello mondiale, desta più di una perplessità: “Mi aspettavo dei controlli per il coronavirus: zero”.

In Cina almeno i controlli sembrano esserci, anche se (forse) in parte discutibili. Andrea, una volta chiusa la porta di casa del suo condominio, viene controllato più volte fin dall’ingresso all’aeroporto internazionale di Shanghai-Pudong. Tra l’arrivo in aeroporto e l’imbarco sul volo Emirates diretto a Dubai, dove farà scalo prima di tornare nella sua Catania, Andrea viene controllato altre 4 volte. Gli viene presa la temperatura corporea.

Certo, basta il modulo di autocertificazione che Andrea e gli altri passeggeri in partenza dalla Cina devono firmare e riconsegnare alle autorità. Un modulo, che vi mostriamo nel video racconto, in cui si pongono due semplici domande: “Negli ultimi 14 giorni sei stato nella città di Wuhan?”, “Hai la febbre o altri sintomi del virus?”.  

Il coronavirus però ha colpito duro in tutta la provincia di Hubei, a cui appartiene Wuhan. Una provincia, in cui altre 4 grandi città sono state poste in quarantena, e che al momento conta il 95% dei quasi 24.700 infettati, 494 morti e 990 ricoverati. E se teoricamente Andrea fosse stato in una delle altre città a rischio di quella provincia? O se avesse voluto mentire scrivendo il falso in quel modulo?

Poi Andrea si imbarca sull’aereo Emirates per Dubai. “Un volo terribile – racconta il giovane siciliano - 9 ore con la mascherina indossata, l’elastico mi ha quasi tagliato le orecchie. In cabina c’era un clima incredibile, nessuno fiatava, una grandissima tensione, nessun brusìo, come invece accade normalmente durante i voli così lunghi”. Arrivato a Dubai, Andrea si prepara ai controlli sanitari prima di prendere il nuovo volo per Catania. Ma controlli non ce ne sono, se non il passaggio attraverso una sorta di scanner termico (come potete vedere nel suo video racconto).

Ma l’incredibile deve ancora capitare, in un momento in cui in teoria dovrebbe esserci il massimo livello di attenzione. Arrivato all’aeroporto di Catania-Fontanarossa, Andrea non riceve alcun “trattamento” speciale. Non c’è nessuno a misurargli la febbre, né a chiedergli se sia arrivato dalla Cina. “Mi aspettavo dei controlli: zero. Faccio vedere il passaporto, recupero la mia valigia, e sono in Italia”.

Iene.it continua a seguire in tempo reale l'evolversi dell'emergenza coronavirus, che dalla Cina si sta diffondendo nel resto del mondo.

Nella prima puntata della nostra inchiesta abbiamo raccolto la testimonianza da Pechino di Nicoletta e Francesca, mamma e figlia trevigiane che da 20 anni vivono nella capitale cinese.

“La zona di Sanlitun, il distretto dei ristoranti di lusso, degli uffici e della vita notturna, è incredibilmente deserta. I marciapiedi e i lunghi viali di solito trafficatissimi sono vuoti: la città è spettrale. Le pochissime persone che si incrociano per strada indossano tutte le mascherine di protezione. Le farmacie di Pechino e i negozi hanno terminato le scorte di disinfettanti”, racconta mamma Nicoletta.

Nella seconda puntata della nostra inchiesta, abbiamo mostrato gli incredibili dati di un rapporto, l'indice di sicurezza sanitaria globale 2019, che risponde a questa delicatissima domanda: l'Italia è davvero in grado di affrontare l'epidemia da coronavirus? E quello che emerge dal rapporto è sconsolante : il nostro punteggio complessivo è di 56,2 punti e ci colloca diciottesimi in Europa (su 28 membri) e 31esimi nel mondo (su un totale di 195 paesi monitorati) . 

Nella terza puntata abbiamo appunto mostrato l'appello di Paolo, uno degli italiani bloccati a Wuhan, la cui situazione è appena sbloccata con il ritorno in patria (ritorno che vi abbiamo mostrato poi in questo altro video).

Nella quarta puntata abbiamo raccontato tutte le notizie false e le assurdità che stanno circolando in rete in questo momento di grande panico per la diffusione del coronavirus: dalla polizia di Wuhan che "spara a chi tenta di scappare" a Bill Gates, fino alle “montagne di cadaveri nascoste negli ospedali cinesi” e all'esperimento “sfuggito di mano”. Tra tutte queste teorie complottiste è anche comparso un audio delirante su WhatsApp. 

Dopo avervi raccontato dell’allarme hacker lanciato da una società specializzata nella sicurezza informatica, abbiamo poi raccolto l’appello della Caritas di Hong Kong, “Ci servono le mascherine, vi prego, aiutateci a combattere il coronavirus!”. La situazione nella metropoli cinese è drammatica: mascherine introvabili nelle farmacie, rubate, vendute al mercato nero, dove chi specula triplica i prezzi. Mentre tantissime persone prive di mascherina sono costrette a rimanere chiuse in casa.

A parlarci della situazione è Cherry Lee Tai Ying, membro della Caritas Youth and Community di Hong Kong.

Iene.it rivolge un appello a chi ci segue: aiutiamo i cittadini di Hong Kong a dotarsi delle necessarie mascherine per evitare il contagio dal coronavirus?  

Come fare? Acquistando le mascherine modello EN14683, dotati di livello ASTM 2 o 3 e spedendole poi a questo indirizzo:

Caritas Jockey club Integrated Service for Young People Tuen Mun

1/F, Siu Hei Shopping Centre,

Siu Hei Court, Tuen Mun,

N.T., Hong Kong

Il risk manager Vincenzo Puro dell’Istituto nazionale per le Malattie Infettive "L. Spallanzani" (quello dove sono ricoverati i due primi casi di contagio da coronavirus in Italia, due turisti cinesi che oggi si sono aggravati) ci ha confermato l’efficacia di queste mascherine: “Questo modello di dispositivi è in grado di proteggere le persone, è una ‘barriera’ sia per la persona contagiata che per quella a rischio di contagio. Bisogna inoltre cambiare la mascherina ogni 8 ore. Nei posti con altissimi livelli di umidità va cambiata più spesso”.

Ecco qui sotto tutti gli articoli e i video che abbiamo pubblicato sull'emergenza coronavirus cinese

 

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